Chiusa l’inchiesta sulla truffa del sisma, si attendono le decisioni del magistrato
Isola, due imprenditori e un tecnico comunale nei guai. Restano sotto sequestro 96mila €
Il pubblico ministero Stefano Giovagnoni ha chiuso l’inchiesta sulle presunte truffe post sisma nel territorio di Isola del Gran Sasso. Tre le persone iscritte nel registro degli indagati e ben 96mila euro congelati, già a dicembre, sui conti di uno di loro. Soldi che restano sequestrati perché, secondo la magistratura teramana, frutto di un’attività illecita.
Nei guai sono finiti Dante e Alessandro Trasatti, padre e figlio. Il primo è un dipendente dell’ufficio tecnico del Comune di Isola del Gran Sasso, il secondo è il titolare di una ditta edile.
L’impiegato comunale è indagato per abuso d’ufficio, gli imprenditori per truffa aggravata, tentata truffa e falso. Il sequestro dei 96 mila euro è stato eseguito sui conti di Alessandro Trasatti.
Tutto ruota attorno alle ristrutturazioni di case private che avevano subito danni dal sisma del 2009. In particolare, quelle ricadenti nella categoria “A”, con danni cioè inferiori ai 10mila euro. Prese per buone le lesioni, la magistratura ha voluto verificare alcune anomalie che si sarebbero verificate nel territorio di Isola del Gran Sasso in molte delle 200 domande di riconoscimento del danno avanzate dai cittadini. Questi, infatti, depositavano richiesta al Comune con tanto di perizia tecnica chiedendo di essere ammessi ai finanziamenti che lo Stato (la Cassa depositi e prestiti) aveva stanziato per i danni di categoria “A”. Una burocrazia tutto sommato snella: consegnata la domanda, un tecnico del Comunale valutava e dava poi il via libera alle aziende per l’avvio dei lavori di ristrutturazione (nelle tasche dei cittadini non finiva un euro, perché i soldi dei finanziamenti venivano elargiti direttamente alle ditte che eseguivano i lavori).
La magistratura è andata a spulciare proprio nella fase del passaggio delle domande in Comune, rilevando delle anomalie. Infatti, quel tecnico deputato a valutare le domande era Dante Trasatti che, secondo la Procura, avrebbe agevolato la ditta del figlio Alessandro affidandogli, tramite degli escamotage burocratici, più appalti rispetto ad altre aziende. Per la magistratura, almeno 51 ristrutturazioni su 200. Dagli accertamenti condotti dalla Finanza, è anche emerso che la ditta di Trasatti dichiarava un costo dei lavori superiore al reale, guadagnando così, indebitamente, piccole somme su ogni lavoro edilizio eseguito. Mille, duemila euro in più per ristrutturazione: cifre modeste, ma che sommate, sostengono gli inquirenti, avrebbero permesso alla ditta di Alessandro Trasatti di incassare illecitamente 96mila euro (somma appunto sequestrata). In alcuni casi, l’azienda avrebbe anche giustificato i costi dei lavori con voci che non combaciavano con la realtà: ad esempio l’allestimento di ponteggi mai collocati perché non necessari ad eseguire una determinata ristrutturazione.
Ora che l’indagine è chiusa, il magistrato valuterà modi e termini per avanzare le richieste di rinvio a giudizio.