Notizie allarmanti sul rischio frana a Casale San Nicola?

Nella giornata  di Domenica su due dei quotidiani locali più diffusi in provincia (Il Centro e La Città), è stato pubblicato un articolo molto preoccupante sul pericolo che incombe sulla frazione di Casale San Nicola. Secondo uno studio consegnato al Genio Civile, su incarico del Comune di Isola del Gran Sasso, il responso del geologo Giorgio Di Ventura è senza dubbio inquietante:
[quote cite=”Giorgio Di Ventura, geologo”]Con questi presupposti si può affermare che non esistono, attualmente, sistemi difensivi passivi che possano contrastare l’energia sviluppata da queste volumetrie tali da consentire la salvaguardia della frazione se non un monitoraggio continuo, h. 24, sulla struttura del colle che allerti in tempo gli abitanti dell’imminente pericolo. Oppure, extrema ratio, la delocalizzazione preventiva dell’abitato.[/quote]

Citando Lubrano, la domanda sorge spontanea: gli Enti preposti sottovalutano il rischio o c’è eccessivo allarmismo e sensazionalismo? Come citato nell’articolo, gli abitanti di Casale San Nicola sono a pienamente a conoscenza del pericolo che incombe sulle loro case?

E la domanda successiva arriva a ruota: e l’autostrada? Non è a rischio anche lei in caso di frana?

Molto dura e purtroppo vera in Italia la frase che conclude la relazione: “Si faccia in modo d’intervenire prima dell’evento e non dopo come molto spesso si è verificato“.

Dopo le immagini, l’articolo completo pubblicato su Il Centro.

 

 

 

Quel paese va spostato. Case, chiesa e strade, vanno ricostruite altrove perché il Gran Sasso può travolgerle da un momento all’altro: è come se Gulliver, alzandosi di scatto, schiacciasse con un piede Lilliput. E le reti di contenimento, già piazzate, non bastano per contenere il gigante di roccia: è come fermare una mandria di bisonti con una racchetta da tennis.

Il borgo è Casale San Nicola, pochissime anime, che vivono in edifici aggrappati alla pietra. E il verdetto è scritto nella relazione di un esperto già in mano ai funzionari del Genio Civile. «Si faccia in modo d’intervenire prima dell’evento e non dopo come molto spesso si è verificato», è la frase shock che chiude la relazione.

Casale San Nicola, piccolo borgo nel comune di Isola del Gran Sasso, ha il destino segnato. C’è un solo precedente in Abruzzo: è quello di Malanotte, diventato Buonanotte, il paesino in provincia di Chieti trasferito, di sana pianta, dopo un boato che fece tremare le case e 115 anime, e ricostruito a valle con un nome nuovo: Montebello sul Sangro. La storia si ripete nel Teramano.

L’autore della relazione è Giorgio Di Ventura, uno dei geologi più esperti d’Abruzzo. La sua premessa: «Su incarico del Comune di Isola del Gran Sasso è stato eseguito uno studio geostrutturale e geomeccanico, nonché geologico, geomorfologico e idrogeologico (…) relativo ai movimenti franosi in atto in corrispondenza della frazione Casale San Nicola». Il consulente ha così messo al corrente il sindaco di Isola, Alfredo Di Varano, del rischio che incombe sul borgo. Ma anche i cittadini sanno cosa li aspetta dopo un incontro con il geologo e il primo cittadino.

Entriamo quindi nelle pagine della relazione. Di Ventura descrive la scena: «L’areale indagato corrisponde alle pareti verticali e ai versanti che sovrastano ad ovest l’abitato di Casale San Nicola (…). Tale nucleo abitato sorge a circa cinque chilometri rispetto ad Isola del Gran Sasso, alle pendici settentrionali del massiccio del Gran Sasso ed è posto in prossimità dell’imbocco orientale della galleria autostradale del Gran Sasso (A24 Aquila-Teramo).

Le abitazioni sorgono a quote comprese tra 900 metri e 850 metri circa s.l.m., all’interno di una zona di impluvio determinata dalla presenza di un corso d’acqua che scorre in questo tratto; si tratta del Fosso Gravone che prende origine dal versante montuoso orientale della vetta più alta del Gran Sasso, cioè il Corno Grande (2912 metri). Circa un paio di chilometri a valle di Casale San Nicola il fosso diventa fiume Mavone che confluisce nel Fiume Vomano».

Il geologo entra nel merito: «Si può ragionevolmente rilevare che cadute di diedri rocciosi, fino a certe volumetrie, possono essere mitigate, avendo buoni risultati, con i sistemi difensivi già installati (reti paramassi) che dovranno essere manutenuti e potenziati. Nel tratto di parete ancora privo di questi sistemi, si può prevedere l’installazione degli stessi, dimensionati in base alle volumetrie dei diedri rilevati».

Fin qui, il rischio è quindi tenuto sotto controllo ma «nelle ultime letture, si sono evidenziati degli spostamenti, di alcune aree sia della parete che del versante in avanti verso l’abitato di Casale San Nicola, dell’ordine di 3.5 – 7.9 cm, che devono essere interpretati, purtroppo e necessariamente, come movimenti di tutta la struttura del calcare marnoso di Colle Riccione».

Arriviamo così alla conclusione: «Con questi presupposti si può affermare che non esistono, attualmente, sistemi difensivi passivi che possano contrastare l’energia sviluppata da queste volumetrie tali da consentire la salvaguardia della frazione se non un monitoraggio continuo, h. 24, sulla struttura del colle che allerti in tempo gli abitanti dell’imminente pericolo. Oppure, extrema ratio, la delocalizzazione preventiva dell’abitato».

La frase che chiude la relazione è un vero e proprio avvertimento a non perdere neppure un giorno di tempo in più per evitare il peggio, cioè la catastrofe: «Sono molti ed eloquenti i segnali che la struttura calcarea di Colle Riccione sta inviando e sono tutti orientati nella stessa direzione: si faccia in modo d’intervenire prima dell’evento e non dopo come molto spesso si è verificato».

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