Servizio idrico integrato
Di servizio idrico integrato si parla per la prima volta in Italia nella nella cosiddetta Legge Galli (l. num.36 del 5 gennaio 1994), recante Disposizioni in materia di risorse idriche, in cui viene descritto all’articolo 4 come “costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e di depurazione delle acque reflue”; tale servizio va gestito all’interno di Ambiti Territoriali Ottimali.
Nel 2006, il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia ambientale abroga la Legge Galli
e ridefinisce il servizio pubblico integrato come “costituito
dall’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e
distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie”.[1]
Il gestore di tale servizio deve quindi curare la gestione, nel proprio territorio di competenza, di:
- Acquedotto: captazione, adduzione e distribuzione delle risorse idriche per
- utenze domestiche
- utenze pubbliche (ospedali, caserme, scuole, stazioni …),
- utenze commerciali (negozi, alberghi, ristoranti, uffici…)
- utenze agricole
- utenze industriali (quando queste non utilizzino impianti dedicati)
- Fognatura: raccolta e convogliamento delle acque reflue nella pubblica fognatura.
- Depurazione: trattamento mediante impianti di depurazione delle acque reflue scaricate nella pubblica fognatura.
Approfondimenti:
- Privatizzazione dei sistemi idrici e finanziarizzazione (Corrado Oddi, FP CGIL Nazionale)
- Il servizio idrico integrato in Italia, tra vincoli europei e scelte nazionali (Gilberto Muraro, www.atoumbria2.it)
- I servizi idrici a quindici anni dalla riforma, documento di ANEA (Associazione Nazionale Autorità ed Enti d’Ambito)